l’estrazione a sorte del mio nome
tra i magistrati che possono partecipare alle primarie telematiche per
l’indicazione dei candidati delle prossime elezioni del CSM mi ha colto di
sorpresa, e anche se non ho mai aspirato a far parte del CSM (non ho mai
neanche fatto parte di un Consiglio giudiziario) ho deciso di non tirarmi
indietro di fronte a quella che ho considerato come una chiamata di
responsabilità.
Rivestire il ruolo di consigliere è sicuramente difficile e
delicato, ma difficile e delicato è anche il lavoro che facciamo tutti i
giorni, e che riguarda la vita di tante persone; la riflessione, lo studio,
l’impegno che ci metterei sarebbero
quindi gli stessi con cui affronto il lavoro quotidiano di giudice.
Senza
condizionamenti e vincoli.
La logica delle correnti deve essere abbandonata e
spero che in un futuro non lontano possa veramente esserlo, perché anche se si
leggono tante idee buone e condivisibili poi nei fatti si vedono prevalere
decisioni rispondenti ai criteri dell’appartenenza all’una o all’altra
corrente, dalla designazione dei capi degli uffici agli interventi a tutela di
uno o di un altro magistrato, all’organizzazione stessa degli uffici.
Proprio perché chiamata in gioco
inaspettatamente, e soprattutto perché non partecipo ad alcuna corrente, e non
mi avvalgo quindi dell’organizzazione anche intellettuale propria delle
correnti, non dispongo di un “programma”, articolato e diffuso come quelli che
i candidati di tutte le correnti hanno da tempo messo a punto e divulgato; ciò
che sarebbe da parte mia inappropriato e velleitario.
Posso esporvi brevemente come la
penso su alcuni aspetti che maggiormente formano oggetto di discussione alla
vigilia delle elezioni.
Nei criteri per la selezione dei
direttivi e semidirettivi, va senz’altro preservata la regola che esclude, quale criterio preferenziale,
l’anzianità di servizio; se questa normalmente si traduce in una maggiore
esperienza del magistrato, deve essere valorizzata anche l’esperienza che il
singolo magistrato aspirante può aver maturato, rispetto ad un altro di
maggiore anzianità, svolgendo la sua attività in più uffici e in realtà
diverse, perché la conoscenza di situazioni differenti apre la mente a diversi
punti di vista e può stimolare alla ricerca di diverse soluzioni delle
problematiche dei singoli uffici.
Vanno valorizzate, a seconda anche del tipo
di incarico cui si aspira, tanto la versatilità quanto la specifica
professionalità.
Per ogni magistrato deve “parlare” il lavoro
che ha svolto e come lo ha svolto (e dunque i provvedimenti redatti, le udienze
tenute) per cui l’impegno, la dedizione e le capacità organizzative, che vanno
verificate, in prospettiva di organizzare un intero ufficio, con riferimento a
quelle riguardanti il proprio personale lavoro, debbono costituire il punto di
riferimento per dare una chance di
rivestire un incarico direttivo o semidirettivo al magistrato che vi aspiri,
pur se privo di titoli specifici, come la pregressa assunzione di cariche
analoghe.
Questo anche per evitare che l’aver rivestito una posizione apicale
ne comporti l’acquisizione di fatto una volta e per tutte anche se all’interno di uffici diversi,
tradendosi lo spirito sotteso alla disposizione della temporaneità degli
incarichi direttivi.
Essere a capo dell’ufficio deve
essere considerato più che mai un compito ed un servizio, e un privilegio solo
per essere tale, e nella valutazione dell’attività svolta nell’ambito del
giudizio di conferma dovranno essere presi in considerazione i risultati della
conduzione dell’ufficio, con riferimento ai moduli organizzativi assunti per
calibrare ed equilibrare i carichi di lavoro e per motivare i magistrati
dell’ufficio in modo da consentire la migliore risposta alle domande di
giustizia; anche tenendo conto delle diverse incombenze amministrative del capo
di un ufficio dovrà essere valorizzata anche la sua personale riuscita nello
svolgimento del lavoro propriamente giudiziario accanto, e non al di sopra,
degli altri magistrati del suo ufficio.
Sono peraltro contraria a che, sia
ai fini del conferimento per la prima volta di un incarico
direttivo/semidirettivo, sia ai fini della conferma, siano raccolti pareri o
valutazioni da parte degli stessi magistrati dell’ufficio di appartenenza del
candidato o capo da confermare, perché le valutazioni debbono essere fatte su
dati oggettivi, mentre le valutazioni personali possono risentire di motivi soggettivi
e mutevoli, completamente disancorati dall’aspetto professionale, con il
rischio di manifestazioni favorevoli magari ispirate solo dalla captatio benevolentiae, o sfavorevoli,
ispirate da sentimenti di umana
antipatia.
Per questa stessa ragione non condividevo assolutamente l’idea
(recentemente assurta a proposta in sede consiliare) di considerare, nelle
valutazioni della professionalità, i pareri dei pubblici ministeri per i
giudici e viceversa, così come i pareri degli avvocati.
Per quanto riguarda le valutazioni
di professionalità di ogni magistrato, premesso che ho maturato
prevalentemente la mia esperienza professionale nel settore civile, e che di
questo posso parlare con cognizione di causa, ritengo che debba essere
adeguatamente valorizzato il lavoro svolto dal giudice non solo con riferimento
alle sentenze, ma anche agli altri provvedimenti, come i provvedimenti
cautelari, collegiali, ordinanze riservate e non, che tante volte conseguono il risultato di far definire
bonariamente o abbandonare il giudizio (si pensi alle ordinanze ai sensi degli
artt. 648 e 649 c.p.c., alle ordinanze istruttorie che decidono sulla
inammissibilità di prove), posto che anche dietro questi provvedimenti c’è
studio e lavoro.
Avere riguardo sostanzialmente solo al numero delle sentenze
scritte introduce l’ossessione dei numeri e distoglie il singolo giudice dal
coltivare tentativi di conciliazione che possono comunque favorire lo
snellimento del ruolo.
Va anche considerato che a seguito dell’introduzione di
recenti istituti, come il rito sommario ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c.,
molte cause vengono definite con ordinanza e non con sentenza con un dispendio
di energia in molti casi non inferiore a quello necessario per la decisione di
una causa con sentenza.
Si deve inoltre porre attenzione adeguatamente
al fatto che sovente il singolo magistrato si trova a dover far fronte ad
imprevisti carichi aggiuntivi imposti per sopraggiunti trasferimenti, congedi
per maternità o altro di magistrati dello stesso ufficio, e va giustamente
valorizzata la sua capacità di organizzarsi il lavoro, oltre che, ovviamente,
la disponibilità concretamente offerta a sovvenire in situazioni difficili
perché l’Ufficio nel suo complesso dia l’immagine dell’amministrazione che
funziona.
D’altra parte, il che rileva per l’aspetto disciplinare, è
assolutamente necessario evitare che delle situazioni acute, ma tanto spesso
croniche, di difficoltà di funzionamento degli uffici, dovute ai noti problemi
di carenza di organico, eccesso di arretrato derivato da anni di scopertura
degli uffici ma anche di cattiva gestione da parte di capi disinteressati, si
ripercuotano negativamente nella valutazione della professionalità del
magistrato in ritardo perché oberato e lasciato solo a farsi carico delle
carenze strutturali e organizzative dell’ufficio e dell’amministrazione in
generale.
La funzione disciplinare deve essere massimamente ispirata dalla tutela dell’indipendenza della
funzione giurisdizionale, nella scrupolosa verifica delle contestazioni, con
specifico riferimento alle condotte connesse con lo svolgimento delle funzioni,
necessariamente tenendo conto, quindi, della concreta situazione lavorativa del
magistrato raggiunto dall’accusa.
Ciò deve valere anche nei confronti di
magistrati che si sono trovati da soli ad affrontare stressanti situazioni di
pressione dei media e dell’opinione pubblica, non potendo essere mai persa
l’occasione, per il Consiglio, di reagire con fermezza e prontamente rispetto
ad offese ed attacchi personali ad singolo magistrato, reo spesso solo di aver
svolto il proprio dovere .
Nessuna
timidezza può essere di contro consentita rispetto a condotte estranee allo svolgimento
delle funzioni, atte a minare, nella generalità sia dei cittadini che degli
operatori della giustizia, la considerazione del prestigio della magistratura,
dove l’onestà non solo effettiva ma anche apparente del magistrato costituisce
il pre-requisito per vestire degnamente la toga.
E sono i capi degli uffici a
dover essere specificamente responsabilizzati, vigilando a che singole condotte
censurabili vengano subito denunciate e non diano pretesto per l’indiscriminato dileggio della
categoria.
La
necessità di vagliare con scrupolo e nella sua concretezza ed attitudine
offensiva il singolo caso disciplinare deve condurre d’altra parte ad escludere
automatismi tra pendenza di un procedimento disciplinare e il
superamento positivo delle periodiche valutazioni di professionalità, evitando
l’effetto di ritardare la progressione in carriera in concomitanza di addebiti
di diversa natura e gravità oltre che ancora non verificati.
L’assegnazione di alcuni magistrati
a compiti diversi dallo svolgimento dell’attività giurisdizionale, con il
conseguente loro collocamento fuori ruolo, è utile e, per alcuni aspetti,
irrinunciabile, laddove solo il magistrato, per l’esperienza naturalmente e
direttamente maturata nel lavoro giudiziario, può apportare contributi decisivi
nell’organizzazione amministrativa o nell’ideazione e messa a punto di norme
riguardanti specificamente sia l’attività giudiziaria, anche per gli aspetti
processuali, sia specifiche materie involgenti diritti da tutelare, sia nel
settore civile, ivi compreso quello del lavoro, pubblico e privato, che nel
settore penale.
Ma il collocamento fuori ruolo deve essere a tempo ed è
opportuno che non sia prorogato o seguito da un altro periodo di collocamento
fuori ruolo per l’adibizione ad un settore diverso, perché il lavoro
giudiziario deve restare centrale e fondamentale nell’esperienza lavorativa del
magistrato.
Troppo volte si sono visti nominare dirigenti di uffici magistrati provenienti
da incarichi fuori ruolo, a discapito di altri aspiranti che avevano maturato
un’esperienza professionale nell’attività giudiziaria, specificamente connotata,
come se la collocazione fuori ruolo costituisse un asso nella manica per
conseguire cariche direttive, il che va sicuramente evitato.
Da ultimo vorrei esprimere la mia
contrarietà per le ipotesi di ampliamento delle funzioni dei Consigli
giudiziari rispetto a funzioni allo stato devolute all’attività del
Consiglio Superiore.
Solo la centralità è in grado di garantire (o comunque
questo deve essere l’obiettivo) l’uniformità e la visibilità delle decisioni,
che resterebbero altrimenti confinate negli ambiti spesso asfittici dei
consigli giudiziari, dove l’elemento di conoscenza personale è forte e più
facile il condizionamento a discapito della legalità e della trasparenza.
Legalità
e trasparenza su cui ciascuno di noi magistrati deve sempre poter fare
affidamento, in ogni momento della sua vita professionale in cui vengono
assunte decisioni che lo riguardano, anche nel momento dei trasferimenti,
fugando dubbi e sospetti di favoritismo.
Auspico anche che in sede di
Consiglio Superiore, raccordando esperienze nell’ambito dei consigli
giudiziari, si possano ideare e introdurre moduli operativi, già diffusi nella
forma delle buone prassi, volti all’ottimizzazione del lavoro, anche con la
collaborazione dell’avvocatura, ad esempio sul tema della redazione degli atti
del processo civile.
Queste solo alcune delle mie idee,
ovviamente senza alcuna pretesa di completezza.
Se le condividete e riterrete di
preferirmi alle prossime primarie vi ringrazio sin d’ora e vi auguro buon
lavoro, perché ne abbiamo tutti bisogno.
Adriana De Tommaso
Nessun commento:
Posta un commento
Scrivi il tuo commento nel riquadro qui sotto.
Per farlo NON occorre essere registrati.
Se non sei un utente di Google, nella sezione "Scegli un'identità" seleziona "Nome/URL" oppure "Anonimo", così non ti sarà richiesta la password.
Per favore, inserisci il tuo nome e cognome e la città dove vivi: un commento "firmato" è molto più efficace.
I commenti non compaiono subito nel sito, perchè sono soggetti a verifica preventiva della Redazione.
Non censuriamo in alcun modo i contenuti in base alle idee, ma non pubblichiamo commenti che:
1. ledano diritti di terzi, siano diffamatori o integrino altre fattispecie di reato;
2. contengano espressioni volgari;
3. costituiscano forme di spamming;
4. si esauriscano in una presa di posizione politica per questa parte o per quell'altra ("fare politica" è cosa nobile e necessaria, ma questo sito non è il luogo adatto).
Se non trovi pubblicato il Tuo commento e vuoi saperne le ragioni, inviaci una mail all'indirizzo della Redazione. Ti comunicheremo le ragioni della mancata pubblicazione.