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Alessio Marangelli, Sostituto della Procura della Repubblica di Foggia



Cari colleghi,


sono Alessio Marangelli, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Foggia, ‘sorteggiato’ quale possibile candidato alle prossime elezioni del Consiglio Superiore della Magistratura all’esito della procedura di selezione del comitato ‘altra proposta’.

Devo dire che la circostanza, sulle prime, ha determinato in me una certa incredulità ed un senso di leggera angoscia: mi si presentava una nuova inaspettata opportunità, ma allo stesso tempo incalzava la paura di non essere in grado di gestire una situazione assolutamente inedita.

Ho deciso, comunque, di accettare la sfida.

Il metodo del sorteggio utilizzato per la scelta dei possibili consiglieri del Consiglio Superiore non si risolve soltanto, a mio modesto parere, in una semplice provocazione o nell’estemporanea decisione di stravolgere le regole del gioco, rischiando di sconvolgere gli esiti -più o meno precisamente- previsti di questa tornata elettorale, ma lo ritengo la migliore espressione ed applicazione del principio democratico all’autogoverno della magistratura, a presidio di trasparenza, parità di trattamento ed obiettività.

Con esso, infatti, la scelta dei consiglieri risulta assolutamente incontrollabile da logiche di appartenenza correntizia ed il conseguente esercizio delle relative funzioni non potrebbe che ispirarsi esclusivamente alla legge, senza filtri di sorta; risultando tale esercizio nient’altro che espressione di un ordinario dovere di servizio cui ogni magistrato potrebbe essere chiamato nella sua vita professionale.

Orbene, è proprio l’acquisita consapevolezza -maturata in questi pochi giorni a disposizione- della responsabilità affidatami e del fatto di non potermi come magistrato tirare indietro, rispetto alla prospettiva di una candidatura, a non avermi lasciato alternative di sorta.

Pur non negando il ruolo svolto da alcuni movimenti in importanti conquiste, ritengo non più sostenibile concepire la carica consiliare solo ed esclusivamente quale coronamento di un’esperienza associativa, ma è necessario restituirla anche alla responsabilità del singolo, quale specifico dovere; emancipandola da logiche di appartenenza a strutture di natura diversa.

Venendo al concreto mi pare doverosa una breve presentazione.

Sono nato a Foggia il 6.8.1975. Entrato in magistratura nel 2004, ho esercitato le mie prime funzioni in quel di Casale Monferrato, sempre da Sostituto. Nel 2010 sono tornato in Puglia, alla Procura di Lucera. Nel settembre 2013 sono stato ‘accorpato’ a Foggia, a seguito della soppressione del Tribunale ‘sub-provinciale’.

Nel corso della mia esperienza professionale ho avuto modo di occuparmi di fenomeni criminali di natura associativa (con diverse applicazioni presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari), e di reati contro la Pubblica Amministrazione, settori di cui spesso ho avuto modo di verificare la contiguità se non, addirittura, la corrispondenza.

Non ho trascurato l’impegno scientifico, attraverso collaborazioni con la facoltà di Giurisprudenza e la cattedra di Medicina Legale dell’Università di Foggia, collaborando altresì con la ‘American Academy of Forensic Sciences’ e partecipando, con una pubblicazione, al 65th Anniversary Meeting, nel 2014 a Washington.

Sono stato referente per l’informatica in tutti gli Uffici in cui ho prestato servizio.

Quanto ai principi che a mio parere devono informare il nuovo Consiglio Superiore della Magistratura sono convinto che basterebbe ricondurre il discorso su un piano di pura osservanza della legge e ragionevolezza, per soluzioni (come ad esempio quelle sugli incarichi di direttivi e semidirettivi) quanto meno presentabili.

Come dicevo, credo semplicemente che sganciare il ruolo consiliare dalle logiche di appartenenza sia un sufficiente antidoto per evitare quei fenomeni di mal governo della magistratura che tutti denunciano.

Scorgendo i programmi degli altri candidati e attentamente presenziando agli incontri di presentazione mi sono reso conto che la sostanza dei discorsi di ciascuno di loro è praticamente identica; tutti hanno ragione. E questo io lo leggo come il sintomo evidente di quanto si sia raggiunto un livello per cui le soluzioni più scontate ed elementari passino per innovative se non addirittura rivoluzionarie.

Una sorta di presa d’atto del fallimento di un sistema.

Il sistema però rischia di riproporsi; indifferente rispetto alla comprovata impossibilità, con gli attuali metodi di selezione dei candidati, di realizzare quell’inversione di rotta che faccia del Consiglio un organo vicino ai magistrati, conoscitore dei contesti territoriali, dell’organizzazione e delle sofferenze degli uffici in cui operano, ed in continuo dialogo e confronto con i colleghi.

Un organo di autogoverno che garantisca la partecipazione degli interessati all’esercizio delle sue funzioni, sia attento alle legittime istanze di ciascuno e che abbia quale criterio informatore dei propri interventi l’effettiva valorizzazione del lavoro giudiziario.

Ed è quest’ultimo, credo, un tema centrale della sfida intrapresa: riportare il Consiglio vicino ai singoli Uffici ed ai Magistrati nell’esercizio quotidiano della giurisdizione.

Ed è un profilo fondamentale in particolare per me, che provengo da un Ufficio Giudiziario soppresso e che, in qualità di modesto segretario della sottosezione locale della ANM, ho vanamente tentato con i colleghi di denunciare non solo i danni che l’accorpamento poi attuato avrebbe determinato sulla comunità del circondario, in termini di controllo del territorio e di rispetto della legalità, in una zona notoriamente interessata da fenomeni di criminalità organizzata di ogni genere, ma altresì le conseguenze che si sarebbero prodotte in termini di maggiori costi economici per l’amministrazione e di gravi perdite di efficienza della giurisdizione.

Non sto a dirvi come è finita la storia. Credo, però, che gli organi di autogoverno locale e nazionale, sia che si tratti di assumere scelte sulla geografia giudiziaria, sia che la decisione riguardi profili disciplinari, debbano sempre calarsi nel mondo dell’Ufficio o del Collega interessato al fine di assumere decisioni che non disorientino e che non risultino, come sovente accade, incomprensibili. 

Qualche parola, poi, la vorrei spendere sugli uffici requirenti e su alcune delle questioni di cui ci si dovrebbe prioritariamente occupare.

Innanzitutto è necessario affermare la necessità di difendere sempre la funzione requirente dai ripetuti attacchi alla sua autonomia ed indipendenza attraverso una gestione costituzionale unitaria delle carriere di tutti i magistrati (Giudici e Pubblici Ministeri) ed una visione dei poteri del capo dell’Ufficio non autocratica, ma tale da conciliare i poteri di coordinamento e di iniziativa penale con l’indipendenza dei singoli sostituti. 

L’obiettivo deve essere quello di creare in ogni ufficio di Procura una squadra nella quale il Procuratore, lungi dal limitarsi a calare dall’alto le direttive, sia in grado di superare gli eventuali contrasti e stimolare la cooperazione nell’esercizio della giurisdizione, garantendo, dunque, una partecipazione di ciascuno alla gestione ed all’organizzazione dell’Ufficio.

Appare fin troppo ovvio che la scelta e la valutazione dei Procuratori della Repubblica e dei Procuratori Aggiunti dovrà ispirarsi ai principi appena considerati.

Così come risulta essenziale ai fini anzidetti valorizzare l’esperienza professionale svolta nel medesimo ufficio, la conoscenza del contesto territoriale e le capacità organizzative; anche prevedendo forme dirette di partecipazione valutativa nella scelta dei magistrati che compongono l'ufficio dell'aspirante.

Evidentemente risulterà in questo modo agevole prevenire o, comunque, respingere i tentativi di gerarchizzazione delle Procure e gli aneliti di controllo ed orientamento dell’attività di Sostituti che di recente hanno caratterizzato la vita di alcuni Uffici.

Di assoluta priorità sarà, poi, restituire centralità al tema della lotta alla criminalità organizzata anche in seno all’organo di autogoverno.

Sulla questione trovo particolarmente interessante la proposta avanzata da qualcuno della creazione di un organismo permanente interno al Consiglio con competenze di contrasto alle organizzazioni criminali attraverso il monitoraggio costante degli stessi, l’adozione di misure di supporto ai magistrati maggiormente impegnati in uffici ‘di trincea’ e la considerazione degli aspetti che coinvolgono la sicurezza e l’incolumità dei colleghi.

Misure queste che dovrebbero, a mio parere, concentrarsi certamente sugli Uffici delle Direzioni Distrettuali Antimafia, ma altresì su tutte quelle Procure ordinarie che si trovano ad operare in contesti territoriali in cui, a prescindere dalla connotazione mafiosa di determinate organizzazioni, si registrano episodi criminali il cui contrasto presuppone un approccio investigativo che tenga conto della loro caratterizzazione, non quali singoli fatti di reato, ma quali espressione di più ampi fenomeni (tipici di ben definite aree geografiche) ai quali sono spesso legati ampi settori economici e politici delle comunità di riferimento.

Un approccio, quello appena considerato, che, per quanto è nella mia esperienza, viene sempre delegato alla sensibilità ed all’iniziativa del singolo magistrato; senza il rafforzamento, ancora una volta nell’ottica di realizzare la necessaria vicinanza del Consiglio ai singoli Uffici ed ai Colleghi, di strumenti istituzionali di monitoraggio e di protocolli operativi a livello centrale.

Il tema lo trovo, poi, strettamente connesso alla maturazione dei tempi per una seria riflessione in materia di priorità nell’esercizio dell’azione penale scongiurando la dispersione delle già poche risorse a disposizione in processi destinati alla prescrizione.

La questione mi pare tanto più urgente quanto più elevata risulta la sproporzione tra l’emergenza criminale esistente in alcune zone del territorio nazionale e le ‘dotazioni di uomini e mezzi’ per fronteggiarla.

Qualche parola, infine, vorrei spenderla sulla questione della innovazione digitale degli Uffici Giudiziari. Ritengo l’innovazione informatica costituisca una conquista imprescindibile per garantire l’efficienza ed il proficuo esercizio della giurisdizione. Per questo ho creduto fortemente ed ho attivamente contribuito presso la Procura di Lucera ad una generale informatizzazione dell’Ufficio, attraverso l’adesione e la successiva ammissione ai programmi ministeriali e una proficua collaborazione, tutt’ora in corso -sotto la mia responsabilità- anche presso la Procura di Foggia, con la Regione Puglia per l’implementazione di sistemi per la digitalizzazione dei fascicoli di indagine e di software di supporto alle indagini.

Purtroppo evoluzioni epocali -come quella che mi sono proposto- spesso si scontrano con la ritrosia ad abbandonare vecchie abitudini e, soprattutto,  con la scarsa formazione che viene assicurata al personale, magistrati compresi, affinchè le dotazioni fornite (spesso anche di particolare rilevanza e quantità) vengano poi effettivamente sfruttate in tutte le loro potenzialità, con conseguente ed evidente dispendio di risorse.

L’aspetto dell’informatizzazione degli Uffici Giudiziari, e della necessaria formazione da garantire per evitare il fallimento di questa esperienza, mi sembra dunque un tema da mettere tra le priorità del nuovo Consiglio Superiore della Magistratura, al fine, da un lato, di mettere la nostra giurisdizione al passo con gli standard europei, e, dall’altro di valorizzare le esperienze virtuose che sinora sono state registrate sul territorio nazionale ‘a macchia di leopardo’, al fine di verificarne il valore e la possibile diffusione.

Spero con queste poche righe di aver offerto ai pazienti lettori qualche spunto di riflessione sulla assoluta necessità ed urgenza di affermare in seno al nuovo Consiglio Superiore alcune ‘inedite’ priorità.

Un saluto, ed un in bocca a lupo a tutti!



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