Notizie
biografiche e brevi riflessioni su una candidatura inaspettata, giunta a
"propria insaputa".
Prima
dell'ingresso in magistratura, ho prestato servizio come funzionario di
cancelleria, dapprima in pretura e successivamente in
tribunale, sempre nel settore penale ed ho concluso tale carriera quale
dirigente dell'ufficio di sorveglianza di Venezia.
Entrato in magistratura, dopo una breve esperienza presso il
tribunale penale di Venezia, sono stato assegnato all'ufficio istruzione
penale ove mi sono occupato, sin dall'inizio, di processi riguardanti traffici
di droga, anche a livello internazionale, sequestri di persona, associazioni a
delinquere, di tipo mafioso e non, e di criminalità organizzata in
generale, non trascurando altre tipologie di reati, quali quelli contro la
pubblica amministrazione.
Nel maggio del 1989, sono stato trasferito alla pretura circondariale di
Venezia, sede distaccata di Mestre, con funzioni di pretore penale ove sono
rimasto in servizio sino al dicembre del 1993.
Su richiesta
del presidente del tribunale, nel suddetto periodo, sono stato
continuativamente applicato quale giudice istruttore "in proroga", -
essendo nel frattempo entrato in vigore il nuovo codice di rito - all'ufficio
istruzione del tribunale per concludere numerose e complesse istruttorie,
da me iniziate, tra le quali quella riguardante la c.d. Mafia del Brenta,
associazione criminale, completamente sgominata, riconosciuta di stampo mafioso
nei tre gradi di giudizio e quella alla c.d. "banda dei
giostrai", costituita da circa 80 persone, tutte ritenute
responsabili e condannate per associazione a delinquere e circa 30
sequestri di persona a scopo di estorsione, consumati nel decennio 1975-1985,
prevalentemente nel Veneto e Lombardia.
Conclusi
tutti i processi per i quali era stata richiesta la mia applicazione quale
giudice istruttore presso il tribunale, nel gennaio 1994 sono stato trasferito
alla procura della Repubblica di Venezia, ove, inserito nella direzione
distrettuale antimafia, sono rimasto in servizio fino al luglio del 2008.
Presso la
procura veneziana ho continuato ad occuparmi, quasi esclusivamente, di
criminalità organizzata, anche straniera e, una volta trasferito alla procura
generale di Venezia, ho dato la mia disponibilità alla applicazione
continuativa all'ufficio di provenienza sino al 2010 per concludere, anche
in questa occasione, indagini complesse da me, in
precedenza, avviate.
Non mi
dilungo ulteriormente sul punto in quanto non ritengo che la notorietà
derivante dalla conduzione di indagini che hanno avuto ampio rilievo mediatico
costituisca requisito essenziale ed indispensabile per una candidatura al
consiglio superiore della magistratura, potendo comunque tali notizie, per chi
mostrasse interesse ad avere dettagli sulla mia persona, essere acquisite compulsando
i vari siti.
Nel
gennaio 2013 sono stato nominato dal consiglio superiore procuratore della
Repubblica di Belluno con decisione unanime.
*********
Premetto che
la casualità del sorteggio che mi vede oggi tra gli aspiranti
candidati, mi ha colto di sorpresa e devo dire che ho molto
riflettuto se accettare o meno l'offerta, pervenutami tramite la collega Milena
Balsamo il cui entusiasmo - non lo nascondo - è servito a far breccia
sulla mia iniziale ritrosia ad accettare questa candidatura, tutta in salita,
sempre che la scelta della mia persona, trovando il gradimento dei colleghi
elettori, possa superare sia la fase delle "primarie" che quella
dell'elezione vera e propria.
Non avendo
mai fatto all'interno della magistratura " attività politica", non ho
idea di quali possano essere i requisiti, richiesti e ritenuti vincenti
dall'elettorato, per accedere ad un così alto e prestigioso incarico.
Sul punto
sono e mi ritengo uno sprovveduto.
Infatti, pur
vivendo nell'ambiente giudiziario, anche per la pregressa carriera di
funzionario di cancelleria, da oltre quarant'anni, conoscendone tutti i
meandri, non mi sono mai iscritto all'associazione nazionale magistrati né,
tanto meno, pur avendo - come ognuno di noi - le proprie convinzioni, sono
stato contiguo alle varie correnti.
Questo non vuol dire che non riconosca e non apprezzi i valori e gli ideali che
l'associazionismo rappresenta ed al quale la magistratura, nel suo complesso,
ed i singoli magistrati indubbiamente devono molto.
Quello che non ho mai condiviso e non potrò, a maggior ragione, ora
condividere sono le deviazioni dai valori e ideali fondanti in cui la
magistratura associata è incorsa negli ultimi anni, deviazioni sulle quali mi
sembra inutile soffermarmi essendo note a tutti.
Ho sempre ritenuto che l'autonomia e l'indipendenza del
singolo magistrato e dell'intero ordine giudiziario non possono essere
" di destra o di sinistra" - per usare un'espressione di moda - nè
tanto meno maggiormente garantite dalla appartenenza all'uno o all'altro
schieramento associativo, tutti rispettabilissimi, la cui diversità deve essere
occasione di confronto, o se si vuole, di scontro dialettico per
migliorarne efficienza e funzionalità e non di certo per acquisire potere, fine
a sè stesso, come è dato osservare, tanto per fare un esempio, nelle c.d.
"lottizzazioni" dei posti direttivi per i quali non è dato
comprendere, per non dire che si comprende benissimo, per quale motivo posti di
dirigenti di uffici giudiziari, soprattutto di un certo rilievo, rimangono
scoperti per lungo tempo in attesa di una "equa" spartizione - che
tanto equa, poi, non è - tra gli adepti delle varie correnti.
Non è il caso
di intrattenersi in questa sede sugli esempi
"devianti", visto che tutti siamo consapevoli, chi più chi meno,
di quel che accade al nostro interno.
A scanso di
equivoci, intendo precisare che, contestando il sistema delle
lottizzazioni, non intendo minimamente porre in dubbio la serietà
professionale e l'onestà intellettuale dei colleghi che ritengono (a mio
sommesso avviso, erroneamente) corretto questo modo di intendere
l'associazionismo; sono, infatti, convinto che, tra le tante istituzioni, la
magistratura sia quella eticamente più sana anche se, talvolta, episodi
poco commendevoli di singoli magistrati finiscono per gettare discredito sulla
intera categoria soprattutto in un contesto, come quello attuale, in cui una
certa politica tende a delegittimarne quotidianamente, a piè sospinto, la
funzione e l'operato.
Sotto questo
profilo posso garantire che non mancherei di sollecitare l'apertura, non solo
formale, di pratiche a tutela di quei magistrati che, per aver svolto
ed adempiuto correttamente ai loro doveri istituzionali, sono oggetto di
attacchi indiscriminati, calunniosi e vergognosi non solo da parte di
detentori di pubblici poteri - che si ritengono "legibus
soluti" - ma anche di quei comuni cittadini che, sulla scia di un
siffatto deprecabile andazzo, sono soliti ingolfare il C.S.M. e varie pubbliche
autorità con esposti pretestuosi ed infondati finalizzati ad intimidire
il magistrato e a condizionarne l'attività.
Ho
l'impressione che su questo il Consiglio sia stato spesso inerte e silente
soprattutto quando tali attacchi, al limite del vilipendio, dell'oltraggio e
della diffamazione, sono stati portati avanti, con grancassa
mediatica, da soggetti che rivestono cariche istituzionali, anche di
vertice, convinti che la legittimazione del voto popolare costituisca una sorta
di salvacondotto per delegittimare il potere giudiziario disconoscendone
la funzione principale che è quella del controllo della legalità.
Il potere
giudiziario - come tutti i pubblici poteri - non è esente nè deve
esserlo da critiche legittime ma deve, però, essere salvaguardato da
ogni azione dissacratoria che miri a lederne il prestigio e la considerazione
sociale.
Il consiglio
dovendo essere garante, nella sua funzione di autogoverno, dell'efficienza del
servizio giustizia e della produttività dei magistrati, dovrà imporsi, nei
rapporti istituzionali con il ministro della giustizia, nel pretendere che
ai singoli uffici giudiziari siano fornite le dotazioni di personale
amministrativo e di beni strumentali necessarie ad assicurare l'efficienza
ed il buon andamento del servizio.
Solo così
potranno essere ridotti i tempi biblici dei processi che, per la loro
attuale irragionevole durata, vanificano, nel settore penale, le attività
investigative degli organi di polizia e delle procure, garantendo l'impunità a
chi delinque, grazie anche a quella improvvida riduzione dei tempi di
prescrizione dei reati che, per favorire il potente di turno, ha mandato e sta
continuando a mandare al macero centinaia di migliaia di procedimenti penali,
con buona pace della sicurezza sociale e della pacifica convivenza civile,
mentre nel settore civile le lungaggini si risolvono in una vera e propria
giustizia denegata per coloro che dal giudice si attendono una
soluzione che ponga fine alla controversia.
Il consiglio
dovrà farsi carico di stimolare, al limite della petulanza, il ministero
perché in tempi brevi si proceda alla integrale copertura dei posti vacanti
atteso che anche in questa incomprensibile ed illogica ritrosia del potere
politico di completare le piante organiche si annida una ulteriore causa di
malfunzionamento e di inefficienza dei servizi.
Pur non
disponendo di dati ufficiali, sembrerebbe che la scopertura di organico dei
magistrati si aggirerebbe intorno al 10-12%, sicché, essendo le piante
organiche determinate per legge, già l'inerzia nel bandire i concorsi integra
una plateale violazione della legge costituzionale; i ritardi nelle assunzioni
non possono essere giustificabili con le attuali ristrettezze di
bilancio atteso che, proprio sotto tale profilo, ben più rilevanti
sono i danni economici conseguenti al ritardo e alla denegata giustizia, se è
vero che l'imprenditoria straniera non investe nel nostro Paese per la
disastrata situazione in cui versa il settore giustizia.
Ad aggravare
la situazione concorrono, poi, i collocamenti "fuori ruolo" -
molto ambiti a quanto sembra - nei quali non sempre la professionalità dei
magistrati sembrerebbe essere effettivamente necessaria ed indispensabile
al ruolo che si va a ricoprire.
In tal senso
il consiglio, essendo preventivabili le date dei pensionamenti e quelle
di dimissioni preannunciate, dovrebbe sollecitare per tempo,
anticipatamente rispetto alle vacanze dell'immediato futuro, l'emanazione
dei bandi di concorso per coprire quei posti e limitare al minimo i tempi
delle vacanze di organico.
Ritengo che,
instaurandosi una tale prassi, a costo zero, in quanto doverosa deve
ritenersi la copertura integrale dei posti vacanti, molte delle attuali
problematiche del servizio giustizia potrebbero essere se non eliminate
quantomeno superate e risolte.
Per quanto
riguarda il personale amministrativo, ritengo che il consiglio debba con
altrettanta fermezza istituzionale - in quanto incidente sull'efficienza e
funzionalità dell'attività giurisdizionale - pretendere che il ministro della
giustizia, sul quale incombe per dettato costituzionale l'organizzazione ed il
funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, provveda a rimpolpare
le piante organiche delle cancellerie e segreterie giudiziarie per le quali da
almeno 15 anni non vengono banditi concorsi.
La
concomitanza del pensionamento del personale attualmente in servizio con
la mancata assunzione di nuovo personale creerà a breve termine anche un
vuoto di conoscenza che provocherà, da un lato, ulteriori disservizi e,
dall'altro, comporterà per i magistrati l'assunzione di compiti che ad
essi non competono e dei quali questi ultimi, spesso e più che
spesso, si fanno carico, del tutto impropriamente, pur di dare un minimo di
efficienza al servizio.
Ritengo che
solo un leale e sincero rapporto di collaborazione tra politica e magistratura,
scevro da reciproche diffidenze e da sterili polemiche, potrebbe contribuire a
rimuovere gran parte delle cause che hanno provocato le disfunzioni del sistema
giustizia.
^^^^^^^^^^^^^^
Le
considerazioni sopra esposte non sono affatto e non vogliono assolutamente
essere una sorta di programma elettorale ma solo riflessioni su un mondo
nel quale ho trascorso una intera vita lavorativa nella diuturna speranza di
miglioramenti sempre più difficili da conseguire.
Ho inteso
esporre, sia pure sinteticamente, il mio pensiero perchè da esso - ritengo
- potrà dedursi quale potrebbe essere il mio personale apporto, ove prescelto,
per un'azione efficace che contribuisca a migliorare il mondo della giustizia.
Non sono
mosso da recondite prospettive di carriera in quanto mi accingo a
percorrere l'ultimo quinquennio di vita lavorativa che potrei trascorrere
nella attuale funzione di procuratore di Belluno.
Ho deciso di
mettermi in gioco in "vecchiaia", quando mai nel passato mi era
balenata una tale eventualità, proprio perchè vorrei un giorno potermi illudere
di aver dato un sia pure minimo contributo al miglioramento di questo mondo nel
quale - lo dico senza retorica alcuna - ho sempre creduto ciecamente e nel
quale ho profuso il massimo delle mie energie senza mai sollecitare e
chiedere a chicchessia un qualsiasi riconoscimento o gratificazioni di alcun
genere.
A
prescindere dai risultati, un sincero augurio di buon lavoro a chi sarà
prescelto nell'arduo e prestigioso incarico.
Francesco
Saverio Pavone
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