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Francesco Saverio Pavone, Procuratore della Repubblica di Belluno



Notizie biografiche e brevi riflessioni su una candidatura inaspettata, giunta a "propria insaputa".

                      
Prima dell'ingresso in magistratura, ho prestato servizio come funzionario di cancelleria, dapprima in pretura e successivamente in tribunale, sempre nel settore penale ed ho concluso tale carriera quale dirigente dell'ufficio di sorveglianza di Venezia.

Entrato in magistratura, dopo una breve esperienza presso il tribunale penale di Venezia, sono stato assegnato all'ufficio istruzione penale ove mi sono occupato, sin dall'inizio, di processi riguardanti traffici di droga, anche a livello internazionale, sequestri di persona, associazioni a delinquere, di tipo mafioso e non,  e di criminalità organizzata in generale, non trascurando altre tipologie di reati, quali quelli contro la pubblica amministrazione.

Nel maggio del 1989, sono stato trasferito alla pretura circondariale di Venezia, sede distaccata di Mestre, con funzioni di pretore penale ove sono rimasto in servizio sino al dicembre del 1993.


Su richiesta del presidente del tribunale, nel suddetto periodo, sono stato continuativamente applicato quale giudice istruttore "in proroga", - essendo nel frattempo entrato in vigore il nuovo codice di rito - all'ufficio istruzione del tribunale per concludere numerose e complesse istruttorie, da me iniziate, tra le quali quella riguardante la c.d. Mafia del Brenta, associazione criminale, completamente sgominata, riconosciuta di stampo mafioso nei tre gradi di giudizio e quella alla c.d. "banda dei giostrai", costituita da circa 80 persone, tutte ritenute responsabili e condannate per associazione a delinquere e circa 30 sequestri di persona a scopo di estorsione, consumati nel decennio 1975-1985, prevalentemente nel Veneto e Lombardia.

Conclusi tutti i processi per i quali era stata richiesta la mia applicazione quale giudice istruttore presso il tribunale, nel gennaio 1994 sono stato trasferito alla procura della Repubblica di Venezia, ove, inserito nella direzione distrettuale antimafia, sono rimasto in servizio fino al luglio del 2008.

Presso la procura veneziana ho continuato ad occuparmi, quasi esclusivamente, di criminalità organizzata, anche straniera e, una volta trasferito alla procura generale di Venezia, ho dato la mia disponibilità alla applicazione continuativa all'ufficio di provenienza sino al 2010 per concludere, anche in questa occasione, indagini complesse da me, in precedenza, avviate.

Non mi dilungo ulteriormente sul punto in quanto non ritengo che la notorietà derivante dalla conduzione di indagini che hanno avuto ampio rilievo mediatico costituisca requisito essenziale ed indispensabile per una candidatura al consiglio superiore della magistratura, potendo comunque tali notizie, per chi mostrasse interesse ad avere dettagli sulla mia persona, essere acquisite compulsando i vari siti.

Nel gennaio 2013 sono stato nominato dal consiglio superiore procuratore della Repubblica di Belluno con decisione unanime.

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Premetto che la casualità del sorteggio che mi vede oggi tra gli aspiranti candidati, mi ha colto di sorpresa e devo dire che ho molto riflettuto se accettare o meno l'offerta, pervenutami tramite la collega Milena Balsamo il cui entusiasmo - non lo nascondo - è servito a far breccia sulla mia iniziale ritrosia ad accettare questa candidatura, tutta in salita, sempre che la scelta della mia persona, trovando il gradimento dei colleghi elettori, possa superare sia la fase delle "primarie" che quella dell'elezione vera e propria.

Non avendo mai fatto all'interno della magistratura " attività politica", non ho idea di quali possano essere i requisiti, richiesti e ritenuti vincenti dall'elettorato, per accedere ad un così alto e prestigioso incarico.

Sul punto sono e mi ritengo uno sprovveduto.

Infatti, pur vivendo nell'ambiente giudiziario, anche per la pregressa carriera di funzionario di cancelleria, da oltre quarant'anni, conoscendone tutti i meandri, non mi sono mai iscritto all'associazione nazionale magistrati né, tanto meno, pur avendo - come ognuno di noi - le proprie convinzioni, sono stato contiguo alle varie correnti.

Questo non vuol dire che non riconosca e non apprezzi i valori e gli ideali che l'associazionismo rappresenta ed al quale la magistratura, nel suo complesso, ed i singoli magistrati indubbiamente devono molto.

Quello che non ho mai condiviso e non potrò, a maggior ragione, ora condividere sono le deviazioni dai valori e ideali fondanti in cui la magistratura associata è incorsa negli ultimi anni, deviazioni sulle quali mi sembra inutile soffermarmi essendo note a tutti.

Ho sempre ritenuto che l'autonomia e l'indipendenza del singolo magistrato e dell'intero ordine giudiziario non possono essere " di destra o di sinistra" - per usare un'espressione di moda - nè tanto meno maggiormente garantite dalla appartenenza all'uno o all'altro schieramento associativo, tutti rispettabilissimi, la cui diversità deve essere occasione di confronto, o se si vuole, di scontro dialettico per migliorarne efficienza e funzionalità e non di certo per acquisire potere, fine a sè stesso, come è dato osservare, tanto per fare un esempio, nelle c.d. "lottizzazioni" dei posti direttivi per i quali non è dato comprendere, per non dire che si comprende benissimo, per quale motivo posti di dirigenti di uffici giudiziari, soprattutto di un certo rilievo, rimangono scoperti per lungo tempo in attesa di una "equa" spartizione - che tanto equa, poi, non è - tra gli adepti delle varie correnti.


Non è il caso di intrattenersi in questa sede sugli esempi "devianti", visto che tutti siamo consapevoli, chi più chi meno, di quel che accade al nostro interno.

A scanso di equivoci, intendo precisare che, contestando il sistema delle lottizzazioni, non intendo minimamente porre in dubbio la serietà professionale e l'onestà intellettuale dei colleghi che ritengono (a mio sommesso avviso, erroneamente) corretto questo modo di intendere l'associazionismo; sono, infatti, convinto che, tra le tante istituzioni, la magistratura sia quella eticamente più sana anche se, talvolta, episodi poco commendevoli di singoli magistrati finiscono per gettare discredito sulla intera categoria soprattutto in un contesto, come quello attuale, in cui una certa politica tende a delegittimarne quotidianamente, a piè sospinto, la funzione e l'operato.

Sotto questo profilo posso garantire che non mancherei di sollecitare l'apertura, non solo formale, di pratiche a tutela di quei magistrati che, per aver svolto ed adempiuto correttamente ai loro doveri istituzionali, sono oggetto di attacchi indiscriminati, calunniosi e vergognosi non solo da parte di detentori di pubblici poteri - che si ritengono "legibus soluti"  - ma anche di quei comuni cittadini che, sulla scia di un siffatto deprecabile andazzo, sono soliti ingolfare il C.S.M. e varie pubbliche autorità con esposti pretestuosi ed infondati finalizzati ad intimidire il magistrato e a condizionarne l'attività.

Ho l'impressione che su questo il Consiglio sia stato spesso inerte e silente soprattutto quando tali attacchi, al limite del vilipendio, dell'oltraggio e della diffamazione, sono stati portati avanti, con grancassa mediatica, da soggetti che rivestono cariche istituzionali, anche di vertice, convinti che la legittimazione del voto popolare costituisca una sorta di salvacondotto per delegittimare il potere giudiziario disconoscendone la funzione principale che è quella del controllo della legalità.

Il potere giudiziario - come tutti i pubblici poteri - non è esente nè deve esserlo da critiche legittime ma deve, però, essere salvaguardato da ogni azione dissacratoria che miri a lederne il prestigio e la considerazione sociale.

Il consiglio dovendo essere garante, nella sua funzione di autogoverno, dell'efficienza del servizio giustizia e della produttività dei magistrati, dovrà imporsi, nei rapporti istituzionali con il ministro della giustizia, nel pretendere che ai singoli uffici giudiziari siano fornite le dotazioni di personale amministrativo e di beni strumentali necessarie ad assicurare l'efficienza ed il buon andamento del servizio.

Solo così potranno essere ridotti i tempi biblici dei processi che, per la loro attuale irragionevole durata, vanificano, nel settore penale, le attività investigative degli organi di polizia e delle procure, garantendo l'impunità a chi delinque, grazie anche a quella improvvida riduzione dei tempi di prescrizione dei reati che, per favorire il potente di turno, ha mandato e sta continuando a mandare al macero centinaia di migliaia di procedimenti penali, con buona pace della sicurezza sociale e della pacifica convivenza civile, mentre nel settore civile le lungaggini si risolvono in una vera e propria giustizia denegata per coloro che dal giudice si attendono una soluzione che ponga fine alla controversia.

Il consiglio dovrà farsi carico di stimolare, al limite della petulanza, il ministero perché in tempi brevi si proceda alla integrale copertura dei posti vacanti atteso che anche in questa incomprensibile ed illogica ritrosia del potere politico di completare le piante organiche si annida una ulteriore causa di malfunzionamento e di inefficienza dei servizi.

Pur non disponendo di dati ufficiali, sembrerebbe che la scopertura di organico dei magistrati si aggirerebbe intorno al 10-12%, sicché, essendo le piante organiche determinate per legge, già l'inerzia nel bandire i concorsi integra una plateale violazione della legge costituzionale; i ritardi nelle assunzioni non possono essere giustificabili con le attuali ristrettezze di bilancio atteso che, proprio sotto tale profilo, ben più rilevanti sono i danni economici conseguenti al ritardo e alla denegata giustizia, se è vero che l'imprenditoria straniera non investe nel nostro Paese per la disastrata situazione in cui versa il settore giustizia.

Ad aggravare la situazione concorrono, poi,  i collocamenti "fuori ruolo" - molto ambiti a quanto sembra - nei quali non sempre la professionalità dei magistrati sembrerebbe essere effettivamente necessaria ed indispensabile al ruolo che si va a ricoprire.

In tal senso il consiglio, essendo preventivabili le date dei pensionamenti e quelle di dimissioni preannunciate, dovrebbe sollecitare per tempo, anticipatamente rispetto alle vacanze dell'immediato futuro, l'emanazione dei bandi di concorso per coprire quei posti e limitare al minimo i tempi delle vacanze di organico. 

Ritengo che, instaurandosi una tale prassi, a costo zero, in quanto doverosa deve ritenersi la copertura integrale dei posti vacanti, molte delle attuali problematiche del servizio giustizia potrebbero essere se non eliminate quantomeno superate e risolte.

Per quanto riguarda il personale amministrativo, ritengo che il consiglio debba con altrettanta fermezza istituzionale - in quanto incidente sull'efficienza e funzionalità dell'attività giurisdizionale - pretendere che il ministro della giustizia, sul quale incombe per dettato costituzionale l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, provveda a rimpolpare le piante organiche delle cancellerie e segreterie giudiziarie per le quali da almeno 15 anni non vengono banditi concorsi. 

La concomitanza del pensionamento del personale attualmente in servizio con la mancata assunzione di nuovo personale creerà a breve termine anche un vuoto di conoscenza che provocherà, da un lato, ulteriori disservizi e, dall'altro, comporterà per i magistrati l'assunzione di compiti che ad essi non competono e dei quali questi ultimi, spesso e più che spesso, si fanno carico, del tutto impropriamente, pur di dare un minimo di efficienza al servizio.

Ritengo che solo un leale e sincero rapporto di collaborazione tra politica e magistratura, scevro da reciproche diffidenze e da sterili polemiche, potrebbe contribuire a rimuovere gran parte delle cause che hanno provocato le disfunzioni del sistema giustizia.

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Le considerazioni sopra esposte non sono affatto e non vogliono assolutamente essere una sorta di programma elettorale ma solo riflessioni su un mondo nel quale ho trascorso una intera vita lavorativa nella diuturna speranza di miglioramenti sempre più difficili da conseguire.

Ho inteso esporre, sia pure sinteticamente, il mio pensiero perchè da esso - ritengo - potrà dedursi quale potrebbe essere il mio personale apporto, ove prescelto, per un'azione efficace che contribuisca a migliorare il mondo della giustizia.

Non sono mosso da recondite prospettive di carriera in quanto mi accingo a percorrere l'ultimo quinquennio di vita lavorativa che potrei trascorrere nella attuale funzione di procuratore di Belluno.

Ho deciso di mettermi in gioco in "vecchiaia", quando mai nel passato mi era balenata una tale eventualità, proprio perchè vorrei un giorno potermi illudere di aver dato un sia pure minimo contributo al miglioramento di questo mondo nel quale - lo dico senza retorica alcuna - ho sempre creduto ciecamente e nel quale ho profuso il massimo delle mie energie senza mai sollecitare e chiedere a chicchessia un qualsiasi riconoscimento o gratificazioni di alcun genere.

A prescindere dai risultati, un sincero augurio di buon lavoro a chi sarà prescelto nell'arduo e prestigioso incarico.


Francesco Saverio Pavone


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